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L'aborto

Un delitto esecrabile

L’aborto è un delitto senza castigo. Uno dei delitti più esecrabile, più vile, più ignobile che la mente umana abbia potuto escogitare. Un delitto perpetrato a danno di un essere che nasce allavita, di una fiammella vitale che si é accesa all’improvviso in quel mondo infinito e misterioso del non essere per nascere al nostro mondo, per esistere. Gli viene negata la vita, gli viene negato di esistere.Perché e da chi. Chi ha l’arbitrio di poter fare questo impunemente. Come l’uomo civile può permettere tutto questo. Quale civiltà lo consente. Come la coscienza individuale e collettiva non si rivolta contro questo abominio. Quale legge naturale lo permette e quale società ha la presunzione di essere arrivata a un punto tale di perfezione o di saggezza o di impunità da arrogarsi il diritto di vita e di morte dei suoi componenti, da ammazzare perfino chi non ha voce, chi non ha nessuna possibilità di difesa. Questa è l’ultima, l’estrema vigliaccheria che l’uomo nella sua infinita superbia, nella sua cieca malvagità compie verso la vita che nasce, verso la vita che continua. E su queste macerie morali e sociali, la donna che oggi ha conquistato la coscienza della propria forza, della propria dignità e libertà,che fa! Si fa trascinare nell’abisso della perdizione da quella frangia più corrotta, malvagia e cinica di femministe esagitate, che nel loro delirio di arroganza, di presunzione e di insipienza urlano ai quattro venti come chissà quale grande traguardo, quale grande conquista : “L’ utero è mio e me lo gestisco io”. Non è vero. E’ una falsa liberazione la loro. Sono delle autolesioniste, delle masochiste, strumentalizzate abilmente dai soliti pupari che al vertice dei loro imperi economici se la godono. Basti pensare dove è finita la grande conquista – “L’utero è mio”- . Stanno sfruttando perfino l’utero delle donne. L’utero in affitto è diventato un commercio, lo sfruttamento più ignobile della donna, che va oltre e supera di gran lunga il lenocinio, la prostituzione. E il paradosso più grande è che mentre ci sono donne o coppie che vogliono i figli a qualunque costo e comunque, ci sono poi quelle che deliberatamente li sacrificano sull’altare di quale perché o dei tanti perché che in quel momento sembrano degli ostacoli insormontabili. Ora se anche è vero che la donna è padrona del proprio corpo e l’utero è suo, non è padrona assoluta della vita che sta nascendo nel suo grembo e che già all’atto del concepimento ha tutti i diritti dell’uomo e sul quale essa non può vantare certe pretese e addirittura il diritto di vita e di morte.

Ma le donne a cui la natura ha dato il privilegio di dare la vita, a cui ha dato il grande dono di essere mamme non possono, non devono in nessun modo abdicare a questa loro missione, non devono negare il diritto alla vita a questo nuovo essere che è il loro bimbo,il loro figlio. La vita è il dono più grande che la natura ci ha dato: E’ un diritto inalienabile e intoccabile e va vissuta con gioia, con entusiasmo e passione in tutte le sue molteplici espressioni e prima fra tutte nella ricerca della felicità. Bisogna educare le donne a rispettare e difendere con tutte le forze questo privilegio che la natura gli ha concesso ed essere sempre grate nel profondo del loro cuore e non essere mai tanto egoiste, che per motivi di ordine contingente, qualsiasi essi  siano, debbano sacrificare per viltà o per cinismo questo  nuovo essere che bussa alle porte della vita e non chiede altro che di nascere a questo mondo, di esistere. Perché, anche se questo delitto resta quasi sempre impunito,ci sarà comunque qualche giudice a cui dovranno rispondere. E chissà se un giorno in un momento di resipiscenza, di rinsavimento dovranno dare conto a un giudice molto esigente, alla loro coscienza e saranno tormentate dal rimorso. Ma non è solo la donna che va perseguita e condannata in questo crimine abietto che è l’aborto. Anzi io ritengo che è anch’essa parte lesa in questa tragedia di sofferenza e di morte, ed è quella che poi ne subirà di più le conseguenze sia materiali che morali e psicologiche. Ma vanno colpiti soprattutto coloro quali la inducono e la costringono ad abortire per squallidi motivi di calcolo opportunistico. E i medici che praticano l’aborto sono degli esseri miseri e meschini perché lo fanno solo per un calcolo economico e non si rendono conto che così operando diventano degli spietati killer, degli assassini senza scrupoli, venendo meno al loro imperativo morale di proteggere sempre e comunque la vita. Ed è inoltre quella parte della società, delle istituzioni, della vita pubblica che per rilassamento dei costumi, per la perdita dei valori etici e morali contrabbandati per un frainteso concetto di liberalità ed estrema democraticità rende possibile col suo permissivismo, coi suoi orientamenti cosiddetti all’avanguardia e progressisti dei comportamenti tolleranti e quasi legittimi da parte  delle persone coinvoltenel problema di una gravidanza non desiderata o in quel momento non ritenuta opportuna, e che non trovano altra soluzione più pratica e conveniente che quella di eliminare il problema alla fonte. Forse in quel momento non sono neanche in grado di valutare appieno l’enormità della decisione o vogliono non vedere come gli struzzi, tanta è la fregola di liberarsi del malfatto. Oggi si parla tanto di femminicidio, ora io direi che si cominciasse a parlare anche di feticidio, in quanto l’aborto non è altro che l’omicidio del feto, di un essere che non ha nessuna colpa se è stato generato non desiderato e da gente senza scrupoli, senza alcuna remora di ordine morale. Perché il feticidio è un delitto di gran lunga più ignominioso e più esecrabile del femminicidio.

Leggevo anni addietro in una rivista medico scientifica che alcuni ricercatori vollero registrare il comportamento dell’embrione durante la manovra cruenta del raschiamento =( revisione strumentale della cavità uterina) per scalzare l’ovulo fecondato dal suo impianto nell’utero. Secondo la loro descrizione il risultato fu altamente drammatico. Si vide infatti l’embrione all’avanzare della sondache lo doveva colpire e distruggere, ritrarsi in un estremo tentativo di difesa, con una smorfia di raccapriccio e di orrore, mentre la sonda avanzava inesorabile e come un pugnale affilato lo colpiva a morte nel posto più sicuro che la natura aveva per esso escogitato, nel tempio della vita. Dalle vie genitali frattanto violento fuoriusciva un flusso di sangue, e in quel sangue rosso, rutilante ancora caldo e fumante c’erano frammenti di un essere in formazione, frammenti di una vita spezzata.

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