Espressione resa celebre dalla simpatica barzelletta che racconta di un bastimento carico di arance affondato in una notte di burrasca, della successiva alba sul classico mare piatto dopo la tempesta sul quale galleggiano a perdita d’occhio le arance venute a galla dalla stiva del piroscafo e, infine, della emersione tra le arance, anche di un residuo organico solido che, arrivato a galla, dopo un rapido giro d’orizzonte, esulta nella esclamazione riportata nel titolo: siamo tutti arance!

Ma è solo  una barzelletta o, piuttosto, questa storiella rappresenta la perfetta fotografia dell’attuale società che ha appiattito tutto, ovviamente verso il basso?

Ora anche la laurea si compra in salumeria o, più a buon mercato, nel vicino negozio del cinese.

Queste nuove università sono spuntate come funghi, promettono un diploma di laurea, ed inoltre non sempre rispettano i patti... Sono le università private, telematiche e non, che fanno molta pubblicità, raccolgono molti denari, spesso danno luogo a contestazioni e reclami, ancor più spesso, per non dire sempre, sfornano asini matricolati riciclati come cavalli di razza.

Per tutti va bene così: per chi gestisce questi laureifici, (suono che ricorda salumifici) nella sede centrale e nelle succursali distribuite  sul territorio come il formaggio sui maccheroni (tanto per restare in tema); per gli studenti (ma sarebbe più indicato acquirenti) che pagano e ritirano la simil-pergamena; per i datori di lavoro rigorosamente  pubblici, oso dire, perché al datore di lavoro privato poco interessa il pezzo di carta se non rappresenta professionalità e competenza. E migliorano pure  le statistiche,  visto che anche grazie agli sforzi di questi produttori di sapienza, l’Italia ha superato la Romania ed oggi può vantarsi di essere penultima nella UE per numero di laureati. E a chi importa se questi dottori sono in conflitto permanente con la lingua madre, sempre perdenti nel duello con i congiuntivi,  e distanti anni luce dai canoni deontologici dei laureati di un tempo che fu?