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Nuova condanna per Angri 80

Diritto di cronaca, i limiti posti dal Giudice

Nel numero di gennaio 2016 publicammo l’articolo Dignità personale e diritto di cronaca che, riportiamo qui di seguito.

Estratto della sentenza n° 6031  emessa il 13/11/2015 dal Giudice di Pace di Nocera Inferiore e pubblicata in data 16/11/2015.

FATTO

“...Nel n° 8 del giornale Angri 80 l’attore viene accusato di “disattendere o vanificare norme di legge mediante inefficienza degli uffici o eventuali comportamenti elusivi o peggio ancora collusivi dei Funzionari”, richiedendo “la verifica dell’esistenza di eventuali responsabilità”: il tutto fondato su un presunto trattamento differenziato nella liquidazione di spettanze professionali a due avvocati.

Emerge altresì la continuità della condotta dei convenuti in quanto sulla rilevata diffamazione si è già pronunciato questo Ufficio del Giudice di Pace con le sentenze n° 1701/2015 (relativo al n° 9/2012 del medesimo giornale) e n° 779/2015 (relativo al n° 10/2012): in ogni caso non possono non ritenersi lesive della reputazione dell’attore, dirigente del settore Avvocatura le parole riportate nel giornale (ancora di più per la sua diffusione esclusivamente nel territorio del Comune di Angri). I fatti riportati non mirano ad informare, ma solo a fornire giudizi e valutazioni lesivi dell’onore e della reputazione: tale lesione ben può realizzarsi oltre che per il contenuto oggettivamente offensivo della frase autonomamente considerata, anche per il contesto in cui è pronunziata… Per Questi Motivi il Giudice di Pace definitivamente pronunciando sulla domanda proposta dall’avv. Antonio Pentangelo contro D’Antuono Luigi, Lombardi Antonio e la Cooperativa Centro Iniziative Culturali srl in persona del legale rapp.te p.t., ogni contraria istanza reietta, così provvede: 

1) accoglie la domanda e per l’effetto condanna i convenuti, in solido, al pagamento in favore dell’attore della somma...
2) condanna i convenuti, in solido, al pagamento delle spese di lite...”

COMMENTO

Credo sia  tempo di una seria riflessione su due irrinunciabili principi di civiltà, entrambi costituzionalmente garantiti, posti a fondamento di una società che pretende di essere democratica: il diritto di cronaca da una  parte e dall’altra l’inviolabilità dell’onore e la sacralità della reputazione  e della dignità personale e professionale del cittadino. È consuetudine, ormai, che chiunque ritenga di avere l’organo cerebrale capace di produrre un’idea, un’opinione, o anche solo un giudizio su  atti o fatti attribuibili ad altri, ritenga doveroso esporla pubblicamente e farne partecipe l’universo, utilizzando a tal fine, mezzi e strumenti di diffusione di massa quali la stampa, la televisione ed i social network. Assistiamo, pertanto, quotidianamente, all’evidenza interessata, reiterata e recidivante di intere paginate di giornali affollate  di presunti scoop, fasulli già sul nascere, in danno di chi capita, a interi pomeriggi e serate televisive tutti tesi a passare al miscroscopio fatti e censurare comportamenti di inermi cittadini già condannati ancor  prima di chiarire di cosa si discuta o, meglio, si intenderebbe discutere ed a che fine. Il tutto posto in essere da personaggi dalla non documentabile cultura umana e professionale, ancorché civica e giuridica, molte volte portatori di interessi personali, sé dichiaranti giornalisti o anche opinionisti, privi di ogni remora a violare le più elementari  regole della convivenza civile e neanche troppo abili ad insinuare denigratorie verità a carico del malcapitato di turno; figure certamente tali da provocare profondi sconvolgimenti viscerali  a  chi, conscio del ruolo di potere esercitato, giornalista lo è e/o lo è stato per riconoscimento unanime  ed è vissuto ed ha scritto sempre con scienza e coscienza, ricercando la possibile verità, senza padroni, in assenza di conflitto di interessi  e con il codice deontologico irrinunciabilmente fissato nel dna. 
Fortunato chi contro costoro ha i mezzi economici,  culturali  e professionali per rivolgersi alla giustizia umana! A chi fortunato non è non resta che sperare in quella divina, subendo inerme, nelle more, tutti i danni, a volte irreparabili,  che i lor signori  riterranno di arrecare! 
E non è neanche a dire che l’attuale trend è il necessario scotto da pagare al progresso, in quanto già a metà degli anni trenta il signor Iosif  Vissarionovic  Dzugasvili, meglio conosciuto come Giuseppe Stalin, era solito, sistematicamente, far precedere l’omicidio degli avversari e/o la loro deportazione nei gulag da una studiata delegittimazione politica e sociale effettuata con una falsa e denigratoria campagna di stampa. 
No, è proprio ora di dire BASTA!  No, per carità, basta! Questa non è informazione!  Smettiamola! Questo non è il modo di fare giornalismo!
È un’assioma, con il quale tutti dobbiamo concordare, l’impellente necessità di una legge, anche di promozione popolare se del caso, che regolamenti il diritto di cronaca e che preveda severe sanzioni a carico di chi ne usi e ne abusi per fini non conformi ai suoi propri, con inibizione perpetua per i recidivi della possibilità di pubblicare ogni scritto e/o di utilizzare mezzi d’informazione di massa. Le brevi, ed al limite della banalità, considerazioni evidenziate vorrebbero, nelle intenzioni, essere un tentativo, soprattutto rivolto alle fasce giovanili - alle quali non bastano le scuse per il consegnargli una società peggiore di quella da noi ricevuta - di innescare un diffuso ed articolato confronto sugli elementi di maggior degrado della società attuale e sicuri forieri dell’ulteriore irrimediabile rottura del patto sociale.  
Da qualche parte dovrà pur ripartire il risveglio delle coscienze! 

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Questo è l’antefatto, se vogliamo chiamarlo così.

Oggi abbiamo una nuova sentenza, questa volta di Tribunale, emessa nel giudizio di appello proposto dai soccombenti D’Antuono ed altri avverso la suddetta sentenza n. 6031/15 del g.d.p. di Nocera Inferiore.
Il Tribunale ha reputato che, “al di là di ogni considerazione circa la veridicità o meno della notizia diffusa con gli articoli oggetto del giudizio, debba escludersi il legittimo esercizio del diritto di critica per violazione del limite della continenza... Dottrina e Giurisprudenza hanno elaborato le nozioni di “ diritto di cronaca” e di “diritto di critica”, riconducendole all’alveo di cui all’art. 51, c.p. e contribuendo a definirne gli ambiti di operatività. 
Nel dettaglio, il diritto di cronaca si identifica in quella situazione giuridica soggettiva che consente l’ esposizione di fatti di indubbio interesse e rilevanza per la collettività, allo scopo di informare i consociati; viceversa, il diritto di critica, attiene ad una dimensione propriamente valutativa dei fatti, risolvendosi nella espressione di un consenso o dissenso rispetto ad una certa analisi, ovvero ad un determinato accadimento... In argomento, è stato precisato che in tema di diffamazione a mezzo stampa, l’esercizio del diritto di critica, che, quale manifestazione della propria opinione, non può essere totalmente obiettivo e può manifestarsi anche con l’uso di un linguaggio colorito e pungente, è condizionato, al pari del diritto di cronaca, dal limite della continenza, sia sotto l’aspetto della correttezza formale dell’esposizione, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, sicché deve essere accompagnato da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente sull’onore o la reputazione, e non può mai trascendere in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira. Reputa questo Giudice che nel caso di specie, pur volendo considerare veritiera la notizia diffusa (circa il trattamento diversificato dei due avvocati in forza delle liquidazioni operate dall’ente, invero oggettivamente evincibile) e resa nell’interesse della collettività, non sia stato osservato l’ulteriore limite della continenza, nella misura in cui l’autore degli articoli dal contenuto oggettivamente denigratorio (in quanto rinvianti ad ipotesi di favoreggiamenti o collusioni da parte dell’odierno appellato con funzionari, o, quantomeno, a deviazioni consapevoli da norme di legge da parte del soggetto avuto di mira) non pone in modo dubitativo le proprie affermazioni, né, invero, le supporta con dati ulteriori rispetto a quello oggettivo del trattamento diversificato (che, peraltro, ben potrebbe essere giustificato anche da una diversa entità e valore dell’attività professionale prestata dai due procuratori), deviando così da quei limiti di continenza espressiva che la giurisprudenza suole porre con riguardo all’esercizio della critica.

La critica consiste, infatti, in una manifestazione di una opinione, e, come tale, non può che essere soggettiva e corrispondente al punto di vista del soggetto che la esprime, con la conseguenza che i giudizi critici non possono essere suscettibili di valutazioni che pretendano di ricondurli a verità oggettiva (Cass. Pen., n. 3477/2000 e Cass. Pen., n.935/1999). 

In proposito, va fatto rilevare che, sovente, nella pratica si verifica che la esposizione di fatti determinati (cronaca) sia resa insieme alle opinioni (critica) di chi la compie, in modo da costituire nel contempo esercizio del diritto di critica e di cronaca.

Ciò rende necessario quel bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione, inteso come considerazione della persona da parte dei consociati con quello della libera manifestazione di pensiero, costituzionalmente garantita; un bilanciamento ravvisabile nella pertinenza della critica all’interesse della opinione pubblica alla conoscenza non tanto del fatto oggetto di critica, quanto della sua interpretazione (Cass. Civ., Sez. III, 14.3.2016, n.4897 e Cass. Civ., Sez. III, 20.6.2013, n. 15443). 

Appare piuttosto evidente come l’esercizio del menzionato diritto, al di fuori delle relative condizioni legittimanti possa, in via generale ed astratta, ledere l’altrui onore e/o reputazione, in tal modo cagionandogli dei pregiudizi da risarcire.

Pertanto, l’appello va rigettato e vanno condannati gli appellanti alla rifusione delle spese del gravame in favore dell’avv. ....., procuratore anticipatario del Pentangelo, liquidate in dispositivo. 

P.Q.M. 

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: 

1)  Rigetta l’appello;
2) Condanna gli appellanti alla rifusione delle spese di lite in favore dell’appellato e per esso in favore dell’avv. ..... liquidate in complessivi Euro ........ per compensi, oltre i.v.a., c.p.a. e 15 % per spese generali. 

Nocera Inferiore, 19 gennaio 2018 

Sentenza n. 411/2018 pubbl. il 12/03/2018”

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Possiamo considerare cristallizzati i principii che devono guidare i comportamenti di chi scrive o parla, su qualsiasi tipo di supporto e su qualsiasi palcoscenico, avendo come bersaglio un’altra persona con la sua  rete di rapporti, i suoi interessi, la sua posizione nell’ambito lavorativo, i suoi amici, la sua famiglia?

Credo di no.

Credo che questo nostro grande Paese, così bravo a giocare con le parole già dalle sue più antiche origini, non consentirà tanto facilmente ai suoi cittadini di procedere spediti, in qualunque ambito, lungo una strada certa, ben visibile, senza dubbi interpretativi, senza buche nascoste a far da trappole.
Questo nostro grande Paese, all’occorrenza, ha bisogno di vie di fuga, di interpretazioni, di possibili alternative alla regola posta.
Questo nostro grande Paese non sa vivere senza l’equivoco.
E di ciò alcuni personaggi si nutrono.

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