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Anche le lucciole pagano l'IRPEF

Non sembra vero

Da sempre ci si interroga se l’attività di meretricio è imponibile IRPEF, ossia se ha tutti i requisiti di legge per poter essere considerata un’attività lucrativa a tutti gli effetti e come tale soggetta al pagamento delle imposte e a tutti gli adempimenti fiscali e contabili ad essa collegata. In merito si sono espresse varie posizioni dottrinali e vari economisti con posizioni spesso distinti e distanti. Di recente la Corte di Cassazione si è pronunciata a favore dell’imponibilità della prestazione. E’ quanto ha affermata con la sentenza n. 22413 del 4 novembre 2016, respingendo il ricorso di una contribuente. La prostituta paga sempre l’IRPEF a prescindere dal fatto che l’attività sia abituale o saltuaria. Anche se chi esercita tale attività non tiene la contabilità e non presenta la dichiarazione dei redditi, sono considerati proventi da meretricio i versamenti in banca. La controversia tributaria riguarda una donna che pur non avendo mai presentato la dichiarazione dei redditi, aveva versato in banca altissime somme di denaro, era titolare di molte unità immobiliari e aveva un alto tenore di vita. Sulla base di questi dati il fisco aveva spiccato un accertamento. Lei si era difesa sostenendo che i redditi erano prodotti dall’attività di meretricio e quindi sono esenti da imposte e tasse. La tesi è stata rigettata dai giudici di merito che al contrario li hanno ritenuti imponibili e quindi tassabili. Contro questo primo giudizio la prostituta ha presentato ricorso alla Suprema Corte ma senza alcun successo. Infatti, la sezione Tributaria della Suprema Corte ha confermato l’assoggettabilità a tassazione di tali proventi e ha fatto rilevare come il giudice della Ctr ha correttamente rilevato che il fisco ha proceduto all’accertamento d’ufficio ai sensi dell’art. 41 dpr 29 settembre 1973 n. 600 con riferimento alle annualità per le quali non è stata presentata la denuncia dei redditi; mentre con riferimento alle annualità per le quali è stata presentata la dichiarazione dei redditi, ha proceduto in ossequio al contenuto dell’art. 38 dpr 29 settembre 1973 n. 600 in base al quale ha rettificato i redditi in essa dichiarati, nel rispetto della metodologia contenuta nell’art. 39  dello stesso dpr., il quale contempla tra i vari metodi  per l’utilizzo dei dati e delle notizie raccolti dall’ADE sezione accertamenti nei modi previsti dall’art. 32 anche gli accertamenti bancari. Inoltre, la Ctr ha fatto bene a non qualificare, come invece paventava la difesa della donna, i proventi dell’esercizio dell’attività di prostituzione quale  <<redditi di impresa >> ma li ha qualificati ai sensi degli articoli 6 e 67 del dpr 29 settembre 1972 n. 602 quali <<redditi diversi derivanti dall’attività di lavoro autonomo non esercitata abitualmente o dalla assunzione di obblighi di fare>>.

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