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"Racconti in proiezione"

Nonostante tutto...c'è del buono ad Angri!

Racconti in proiezione

Il cortometraggio, genesi della cosiddetta “settima arte”, è stata la prima forma d’arte cinematografica proiettata e sperimentata ampiamente da varie celebri personalità nella seconda metà del 1800. Comunemente il merito di ideatori è attribuito ai fratelli Lumière i quali, a Parigi, diedero spettacolo grazie ad una serie di proiezioni di pochi secondi, ad inquadratura fissa. Una tra queste riprendeva un treno in arrivo in una stazione: il corto suscitò paura ai primissimi spettatori poiché il treno diede loro l’impressione che li stesse per travolgere. Questo simpatico esempio funge da prologo al tema che sto per trattare e diversamente da chi, illo tempore, ebbe paura e scappò via veloce, di contro mi auguro che adesso vi facciate investire da questo scritto, senza timore alcuno.

Premettendo il mio appassionato interesse per il buon cinema, senza volermi sedere a scranna, voglio condividere il piacere che mi ha percorso circa un mese fa e che, tuttora continua a segnarmi, nell’assistere alla proiezione di alcuni corti in seno ad un ormai affermato evento artistico angrese: il CotOglobo Film Festival (COFFI), svoltosi all’interno del Castello Doria – location seppur poco confacente, di certo non inadatta alla manifestazione, soprattutto nel momento in cui l’alternativa di un posto coerente al contesto manca, o meglio c’è ma è ormai fatiscente a causa del passaggio di testimone da comici a chiacchieroni recalcitranti ad un investimento rivalutativo dell’edificio finalizzato alla sua destinazione originale. Vorrei concentrare l’attenzione sui corti vincitori della categoria “Sguardi d’autore”, ovvero le pellicole “Bellissima” e “I am Sami”. Succintamente: “Bellissima” racconta di una ragazza, Veronica, dalla stazza alquanto massiccia che, rimasta vittima di una delusione amorosa, si rifugia in lacrime nei bagni di una discoteca. Qui si trova coinvolta, con un intrepido conquistador della notte, in un gioco di fantasie sull’aspetto fisico di entrambi, del tutto distanti dalla realtà dei fatti. In seguito ad una notevole insistenza, Veronica viene persuasa a mostrarsi al pretendente: per la protagonista si apre un momento particolarmente difficile, dovendo accettare il rischio di incorrere nel disappunto del ragazzo a causa del suo vero aspetto fisico: per farsi forza, quindi, più volte ripete a se stessa “sei bellissima”. Il finale magistrale è ciò che più coinvolge e sorprende lo spettatore suscitando nel medesimo tempo suspense per la prevedibile reazione traumatica del ragazzo alla scoperta dell’inganno e infinita tristezza e compassione per le difficoltà di chi non rientra negli stereotipi che la società odierna instilla. Il lieto fine, inaspettato, rovescia tutto a favore della ragazza e sana il retaggio culturale evidenziato poco prima: la vera bellezza è invisibile ad un prima superficiale occhiata e si colloca distante da ogni canone estetico impossibile da oggettivizzare in quanto riconosciuto e accolto nella sua soggettività.

La seconda storia, invece, tratta di un tema ancora più delicato, meno personale ma che  coinvolge tutti noi senza distinzioni alcune. Un bambino di nome Sami vive in una zona di guerra. Per aiutare la famiglia e il padre malato, guadagnando qualche spicciolo e sopravvivendo al meglio, si improvvisa corriere di film porno destinanti ai soldati americani. Costretto a scappare da chi lo addita come traditore del suo popolo e lo minaccia, si affeziona a uno dei soldati “nemici” con cui istaura un forte legame di fratellanza e stima reciproca. La quiete appena ritrovata viene squarciata, una notte, dall’irruzione nella casa di Sami proprio da parte del suo nuovo amico il quale, non riuscendo a contravvenire gli ordini dei suoi superiori, tradisce l’amicizia del bambino e arresta il padre malato. Una storia che suscita estrema mestizia e profonda impotenza verso tutti quei popoli vittime di abusi di potere trasportati da interessi del tutto egoistici, popoli che geograficamente non sono tanto lontani da noi ma che sembrano appartenere ad realtà parallela, distante a tal punto da concederci solo la compassione su qualche social network e non innestarci la forza necessaria ad escogitare qualcosa di utilmente pratico allo scempio che ogni giorno in quelle terre si consuma. Il finale, inoltre, attraverso le parole semplici di un bambino, appunto Sami, riesce a far riflettere su quello che rimane dell’umanità: anche i valori sono ormai irrecuperabili, perfino i più semplici come l’amicizia, risultano totalmente annebbiati da ideali corrotti giustificati da intenti lobbistici così ben pianificati da farli apparire probi e integerrimi.

Entrambe le sceneggiature, fatte vivere mediante una regia impeccabile, sono il risultato di un’accurata e meditata elaborazione che si evince nel primo dal superamento della difficoltà di rendere espressive le riprese svolte in un bagno piccolo e semibuio; nel secondo, invece, dalla sperimentazione ben riuscita delle varie inquadrature soggettive, oggettive e di quinta, oltre alle varie lunghezze di campo panoramiche. Dunque se vero è che un capolavoro è tale quando riesce a dosare bene la tecnicità con l’emotività che l’artista intende trasmettere al di là del soggetto stesso, i due ideatori dei corti in questione, Alessandro Capitani e Kae Bahar, di certo hanno parecchio da offrire. Il cinema giacché forma creativa, mira a comunicare un messaggio, un pensiero, l’idea dell’artista. È forse il mezzo di comunicazione più efficace e potente che esiste, unendo differenti tipologie di arti figurative, uditive, audiovisive e performative; è lo strumento di ribellione nei confronti di chi non parla o non ti permette di parlare; è la voce di chi sa ma non può dire o almeno non può farlo se non cripticamente. Sembriamo muoverci lentamente verso la fine di un’era, quella della dittatura della genuina divulgazione, e per questo chi si ribella è doppiamente un eroe: per il talento e per il coraggio dimostrato. Gli eroi della finzione spesso restano anonimi al mondo, hanno una maschera atta a salvaguardare la loro incolumità e non godono della riconoscenza della collettività; diversamente nella realtà possiamo riconoscere a tutto tondo questi intrepidi benefattori le cui gesta eccezionali possono farci da sprone e contribuire a smuovere l’assopimento generale che sta minacciando la nostra dignità di esseri pensanti.

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