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La pornografia del dolore

L’aspetto sfacciatamente gratuito, esibizionistico, spudorato e costante con cui i media trattano i temi di cronaca nera

Non si inquieti il lettore dalla morale di vittoriana memoria, col termine pornografia non si menzioneranno atti di erotismo scellerato, non si tratterà di organi e dinamiche sessuali di varia natura. Ciò che di pornografico si analizza, associato al tema del dolore, sarà l’aspetto sfacciatamente gratuito, esibizionistico, spudorato e costante con cui i media, TV nazionale in primo piano, trattano i temi di cronaca nera perdendo e trasfigurando l’aspetto informativo a favore di quello più morbosamente voyeuristico- sensazionalistico.

E’ necessario per effettuare questa analisi partire da dati oggettuali e precisi che diano conto della inconfutabile sproporzione che esiste oggi in Italia nei canali di informazione tra tematiche di cronaca nera, divenuta l’ultimo baluardo del gossip, e altre notizie di attualità e di altra natura. E’ stata effettuata una ricca e dettagliata indagine confluita nella pubblicazione del report ufficiale dell’ Osservatorio di Pavia Media Research organo facente capo all’Ordine dei Giornalisti intitolato “La Televisione del Dolore” dal titolo assai esplicativo, cui il presente scritto fa riferimento e rimanda per ulteriori approfondimenti1. In questo documento viene riportato il risultato di ricerche concentrate nel trimestre 15 settembre - 15 dicembre 2014, differenziando le aree d’indagine in due macro aspetti quantitativo e qualitativo, includendo tutto il palinsesto televisivo d’informazione, esclusi i Tg e le rispettive rubriche, in cui fossero trattati casi di cronaca nera, giudiziaria o vicende di disagi individuale – sociale. Ne è emerso un corpus di 300 ore totali sul tema: per avere un’idea della mole della programmazione dedicata a questi temi, si pensi che è come se ogni giorno, ogni emittente trasmettesse un notiziario del dolore di mezz’ora. Perché tale è la durata media giornaliera della programmazione dedicata a questi temi, pari a un telegiornale di durata “normale”, di cui il 96% concentrato in 10 trasmissioni.

Nel passare in rassegna tale modo di fare informazione si palesa un primo elemento di totale sovrapposizione dei momenti informativi con quelli di intrattenimento: viene abbattuta ogni distinzione tra questi due stili di conduzione televisiva che da un lato alleggerisce la narrazione dei fatti e dei protagonisti verso uno stile da reality / telenovela e dall’altro conferisce una valenza informativa ad un modo di fare tv che dovrebbe essere indirizzato verso temi più propriamente d’intrattenimento.

Nel report sopra citato sono state individuate in particolare 7 aree specifiche d’indagine che designano in maniera pregnante in che modo l’informazione televisiva di tali programmi sia strutturata. Gli elementi tipici individuati sono: 1. Raffigurazione strumentale del dolore: l’esibizione di pianti, volti affranti, violenza, accanimenti morbosi e voyeuristici, soggetti deboli e vittime come categoria più rappresentata (56%) 2. Spettacolo nel dolore: forme inappropriate del racconto, toni e semantiche fatte di litigi, atteggiamenti irrispettosi, generalizzazioni, pregiudizi, sessismo, dibattiti e intrattenimento con istigazione all'odio , riempimenti di contorno con dettagli inutili, testimonianze superflue 3. Eccesso patemico nel racconto: costruito attraverso una poetica, immagini e testi allarmanti, effetti sonori amplificanti, suspense, serialità, domande retoriche 4. Narrazione empatica: la costruzione dell'empatia con immagini “segnale”, cinematografiche e sguardo; miscela di finzione e realtà, coinvolgimento emotivo 5. Processo virtuale- mediatico: processo in TV e TV nel processo, valutazione delle perizie, credibilità dei testimoni, partecipazione avvocati delle parti etc. 6. Accanimento mediatico fondato sulla filosofia del “the show must go on”, se il fine giustifica i mezzi: violazione della privacy e aggressività di reporter. 7. Logica assorbente dell’ infotainment: tv di servizio dal finto intento pedagogico, denuncia sociale, indignazione, apporto investigativo, condivisione della morale etc.:

Questo tipo di rappresentazione mediatica delle vicende di cronaca nera mette in un unico grande calderone momenti di intrattenimento e varietà con vicende di vita cui lo spettatore è chiamato a identificarsi, ad empatizzare ed appassionarsi. L’aspetto intimistico che sarebbe decorosamente preferibile in determinate tragedie di cronaca viene totalmente abolito per mostrarsi fine a sé stesso: il pianto di una persona che ha perso un congiunto, la rabbia di una madre che non trova giustizia per la perdita della figlia, l’amore di una donna che protegge il marito accusato di omicidio, sono tutte manifestazioni di una umanità che non trova ragion d’essere se non colpire lo spettatore connesso da un’empatia strappata suo malgrado. Queste manifestazioni di dolore non conducono ad alcun progresso nelle indagini processuali, ma anzi caricano i racconti di un bagaglio emotivo che protende verso una meta: l’assoluzione o la condanna di un indagato, la necessità di trovare soddisfatta tale brama con una sentenza di colpevolezza di un dato accusato, la trasformazione del pubblico in innocentista o colpevolista formalmente non dissimile ad una tifoseria.

Lo studio televisivo trasforma ogni persona in personaggio, miscela elementi di finzione e realtà, le notizie diventano storie da raccontare, arricchite di particolari e dettagli privati dei protagonisti. Dal punto di vista informativo, un'enorme quantità di servizi e interviste è privo di interesse pubblico per la collettività e per la conoscenza del fatto2”.

Queste trasmissioni come accennato sopra, poste dietro l’alibi dell’informazione, finiscono spesso per effettuare un proprio processo mediatico nonchè una commistione di ruoli tra ospiti e tecnici che assumono ad un tempo ruolo di consulenti indipendenti ed esperti di parte, parallelamente a ciò che dovrebbe essere l’unico e vero processo giudiziario regolare, processo che inversamente richiede la disamina di tutti gli elementi in causa nel più freddo e razionale modo possibile. Inoltre un effetto di condizionamento dei media sulle autorità coinvolte in un processo penale non è per nulla da escludere, anzi.

Tutto ciò non pare essere preso minimamente in considerazione dal mondo della rappresentazione mediatica. In una nota rilasciata dall’ Agcom si dichiara:

La cronaca giudiziaria deve sempre rispettare i principi di obiettività, completezza, correttezza e imparzialità dell'informazione e di tutela della dignità umana, evitando tra l'altro di trasformare il dolore privato in uno spettacolo pubblico che amplifichi le sofferenze delle vittime e rifuggendo da aspetti di spettacolarizzazione suscettibili di portare a qualsivoglia

forma di “divizzazione” dell'indagato, dell'imputato o di altri soggetti del processo 3

Di fronte a tale uso del medium televisivo ci si dovrebbe chiedere a chi giova questo tipo di servizio pubblico d’“informazione”. Di fronte all’attuale scenario politico economico e culturale risulta difficile ammettere che un diverso genere di programmazione televisiva non sia utilizzabile per la divulgazione di temi di pubblico interesse, al posto di macabri ricettacoli di tristezza votati alla distorsione dello pubblico sguardo.

1 http://www.odg.it/files/ricerca%20La%20Televisione%20del%20Dolore.pdf

2 Ivi

3 Delibera dell'AGCOM (2008) sulla rappresentazione in televisione di temi di cronaca nera e giudiziaria in “La Televisione del Dolore

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