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Focus On n° 2 Rubrica d'arte

Massimo Belli, artista/artigiano

Il Laboratorio è per definizione un luogo atto al lavoro, alla sperimentazione e alla contaminazione, un coacervo di esperienze che si confrontano e si accavallano nell’espressione di un fine comune. Ecco, se dovessi associare al laboratorio l’ immagine di una persona, sarebbe di sicuro quella di Massimo Belli. Il perché è presto detto. Belli è da ventotto anni parte del gruppo liberamente associato New Freaks, che ogni anno organizza un raduno in cui i partecipanti possano stare a contatto con la natura e mantenere vivo lo spirito pacifista e ambientalista nato con il gruppo alla fine degli anni ’80. Non c’è da stupirsi allora se spirito di condivisione, necessità di sensibilizzazione sulle tematiche ambientali, politiche e sociali, l’idea della musica come collante tra le persone, il bisogno di confronto e interazione siano aspetti importanti del suo carattere.

Quando lo raggiungo, come al solito, ha le mani impastate di argilla ed è alle prese con la produzione di nacchere, scimmiette e cuori in terracotta, disposti ordinatamente su lunghe strisce di legno in una procedura che richiama la produzione su larga scala.

In che misura arte e artigianato possono distinguersi?

La distinzione tra questi due concetti è prevalentemente legata al mercato. Un oggetto artigianale è in effetti un’opera d’arte se non è destinato ad un ampio consumo. Il lavoro artigianale, che ha poco a che vedere con l’ispirazione e più con il virtuosismo, risponde alle leggi del mercato: è quotato una determinata cifra a seconda della domanda. L’ arte invece non è legata ai meccanismi di produzione, o almeno, non dovrebbe esserlo.

Come ti sei avvicinato all’arte?

Ho iniziato con la falegnameria, ma non posso dire che l’interesse per le arti plastiche sia derivato da questo. Ho frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove ho imparato molto sulla scultura e il modellato, poi ho incrementato le mie conoscenze da autodidatta. La sperimentazione è indispensabile in questo settore.

Guardando quelle scimmiette dalle facce buffe non posso che chiedermi perché proprio quel soggetto.

Al di là dell’aspetto ironico, ho scelto le scimmiette perché credo che siano indicative dello stato attuale dell’uomo.  Per Darwin l’uomo discende dalla scimmia, e su questo non c’è dubbio, ma dovremmo chiederci a che punto dell’evoluzione siamo giunti. La mia critica alla società non vuol essere distruttiva ma, al contrario, suggerire un uso maggiore della ragione. 

Un altro nodo importante nella produzione di Belli è l’Esercito dei Tuareg, una collezione di maschere in terracotta, tela di yuta e sacchi che evoca un immaginario mistico in cui l’inconscio si rappresenta con le proprie paure e i propri desideri.

Massimo Belli mostra che sotto la maschera può esserci chiunque e dunque nessuno,  quindi la linea che divide il concetto di bene da quello di male è solo una proiezione delle convenzioni sociali che sottraggono all’uomo il libero arbitrio.

Ma, ricalcando l’interpretazione plautina delle maschere come tipi, è la sua interpretazione della figura dell’eroe che primeggia in questa collezione: L’eroe indossa una maschera non per nascondersi, ma per permettere a chiunque di riconoscersi in lui. La maschera cela la sua identità ma ci rivela un aspetto della nostra che non conoscevamo e ci incoraggia a farlo emergere.

Tutti possono essere eroi, basta diventarne consapevoli.

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