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Referendum costituzionale

Una scelta importante

L'approssimarsi del Referendum Costituzionale impone un confronto sempre più serrato e approfondito sui contenuti di merito della Riforma, abbandonando polemiche politiche che non giovano ai fini di un giudizio sereno e ponderato. Ed allora la scelta degli elettori deve concentrarsi su di una grande domanda: occorre o meno innovare e migliorare le nostre Istituzioni, al fine di renderle più efficienti ed agili e capaci di assumere decisioni, tempestive ed adeguate ai tempi infinitamente più veloci e vorticosi  della nostra società ?  E per andare in questa direzione è necessario o meno superare il bicameralismo perfetto e paritario fondato sul riconoscimento di funzioni identiche ai due Rami del Parlamento? E' giusto o meno riscrivere l'articolo 117 in tema di ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regioni, ponendo così fine a quella esasperata e paralizzante conflittualità originata in tutti questi anni dalla Riforma del Titolo V della Costituzione? Sono queste le scelte di sistema operate con la Riforma, ora sottoposta a Referendum popolare.  Nulla a che vedere, quindi, con i Principi Fondamentali consacrati nei primi dodici articoli e a giusta ragione non modificati nemmeno in una virgola; parimenti rimangono immutati gli articoli della Prima Parte, inerente ai Diritti e Doveri del cittadino, definiti negli articoli dal 13 al 53 della Carta Costituzionale. Rimangono, altresì, identici poteri e ruolo del Presidente del Consiglio dei Ministri. Non cambiano la forma di Stato né la forma di governo. Le modifiche al vaglio del popolo sovrano investono esclusivamente la parte organizzativa, il concreto funzionamento delle nostre Istituzioni. A distanza di 68 anni dalla entrata in vigore della Costituzione, con questa riforma si adeguano solo i meccanismi istituzionali, sempre più chiamati a fronteggiare le sfide di questo nostro tempo, così radicalmente differente dai decenni alle nostre spalle. I valori fondanti della Repubblica rimangono fermi ed intangibili, l'assetto organizzativo viene innovato.

Il bicameralismo, operante dal 1948, non è in grado di assicurare decisioni rapide, ma finisce per essere causa di  ritardi, dispersione di energie e tempi lunghi, oramai insostenibili per una democrazia per davvero decidente, che metta insieme ricchezza delle opinioni e capacità di governo. La navette, con ripetuti ping-pong fra Camera e Senato per approvare una legge, non ha nulla a che vedere con la qualità della nostra democrazia, ma rappresenta un appesantimento procedurale non più giustificato e soprattutto dannoso ed inidoneo a governare il fluire della vita economica, sociale e civile. Un esempio per tutti riguarda legge n. 68/2015 che ha introdotto nel Codice Penale il Capo dei delitti contro l'ambiente, una legge molto attesa nel Paese e fortemente condivisa in Parlamento, anche per dotare la Magistratura e le Forze dell'Ordine di strumenti più efficaci per combattere la criminalità e le ecomafie che imperversano in questo campo. Ciononostante tale provvedimento è stato approvato in prima lettura dalla Camera il 26 febbraio 2014, modificato in seconda dal Senato dopo 13 mesi il 4/3/2015, confermato una terza volta di nuovo e con altre modifiche dalla Camera il 5/5/2015, ed infine in quarta lettura varato definitivamente solo il 19/5/2015 dopo circa 15 mesi! Ed allora è giusto concentrare nella Camera la funzione legislativa, conservando la competenza del Senato solo per le leggi espressamente indicate nell'articolo 70. In questo contesto riservare alla sola Camera la titolarità del rapporto di fiducia, che deve legare il Governo al Parlamento, significa rafforzare la stabilità dell'Esecutivo:  un obiettivo prezioso per avere un Governo che possa e sappia rispondere con efficacia alle esigenze delle Persone, delle Famiglie, delle Imprese, della intera comunità nazionale.

Nel nuovo riparto di attribuzioni legislative tra Stato e Regioni, si definiscono espressamente - dopo tanti devastanti conflitti che hanno bloccato opere pubbliche, infrastrutture e reti energetiche nazionali - le materie di competenza legislativa dello Stato e quelle spettanti, invece, alle Regioni. Si pongono così le fondamenta di un più chiaro e fluido funzionamento dei differenti livelli di Governo pubblico, eliminando incertezze, sovrapposizioni e confusione di ruoli, rimbalzo di competenze, dispersione di tempo e di energie preziose. Lo Stato deve svolgere la sua funzione unitaria e di indirizzo generale su tutto il territorio nazionale; la Regione è  chiamata ad esercitare la sue mission naturale di Ente di legislazione, con competenze finalmente identificate con chiarezza, dopo l'eliminazione di quella competenza concorrente o ripartita fra Stato e Regioni, fonte di tante e ripetute difficoltà.

Importanti sono anche il rafforzamento e la estensione degli istituti di democrazia diretta e degli spazi di partecipazione dei cittadini, con l'introduzione di referendum propositivi e di indirizzo e di altre forme di consultazioni popolare. La mutata disciplina, poi, del referendum abrogativo opportunamente consente, con una richiesta avanzata da 800.000 elettori, di considerare, ai fini della validità della consultazione referendaria, la maggioranza non già degli aventi diritto al voto, ma quella ben più ridotta dei votanti alle ultime elezioni della Camera dei Deputati. 

Infine una ultima considerazione: la scelta affidata  al giudizio sovrano dei cittadini non investe due diversi modelli di riforma, ma si concentra nella valutazione, da un lato, fra il testo che il Parlamento ha approvato in sei complessive letture e, dall'altro, la conservazione sic et sempliciter del vigente modello, visto che ogni riforma con il NO sarebbe relegata in un orizzonte assolutamente incerto e del tutto indefinito e lontano. Eppure anche i più accaniti e fermi sostenitori del NO riconoscono che occorre superare il bicameralismo perfetto e riformare in profondità la funzione legislativa dello Stato e delle Regioni, ammodernare lo Stato. Ma dopo più di trenta anni di dibattiti infiniti e di molteplici progetti e dopo ben tre Commissioni bicamerali ed almeno nove legislature senza che si sia riusciti ad approvare una riforma, è credibile che potrà ora quasi magicamente arrivare alla meta un fronte che dovrà solo mettere d'accordo D'Alema e Grillo, Berlusconi e Vendola, Salvini e De Maio, Di Battista e Meloni?  O più probabilmente quella meta rimarrà un irraggiungibile miraggio? Con il SI', invece, realizziamo una buona riforma per innovare e migliorare le nostre Istituzioni, dimostrando che l'Italia ha cambiato passo e sa conquistare, non solo con i proclami e le parole ma con i fatti obiettivi e le scelte effettive,  i traguardi anche ambiziosi che intende perseguire.

Il 4 dicembre votiamo a favore della Riforma per una Italia più moderna ed efficiente!

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