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Mamma, vado all'inferno

Il punto di vista di uno studente

“Ciao mamma, vado all’inferno”. Queste le parole che allegramente, si fa per dire, ogni mattina pronuncio prima di  scendere le scale per recarmi al mio ineluttabile e lugubre incontro giornaliero: la scuola.

 All’ingresso incontro un simpatico e sorridente Caronte (Vittorio), che amichevolmente mi traghetta nella città dolente, nell’eterno dolore, tra la perduta gente e mi ricorda che quel luogo è stato creato dalla potenza divina, dalla somma sapienza e dall’amore originario che mossero l’alto fattore affinchè i poveri dannati (gli alunni), lasciassero ogni speranza una volta entrati.

Questo è il luogo dove ogni mattina, abbandonata ed annientata ogni pusillanimità, mi accingo ad entrare per ascoltare tra pene e supplizi, sospiri e pianti, acuti lamenti, lingue strane e pronunce orribili.

Al mondo però non ci sono persone tante pronte a fare il proprio interesse o ad evitare il proprio danno, quanto e come me e perciò mi affretto ad attraversare l’orrenda porta e a scalare il monte, sicuro di incontrare i miei maestri (i professori) che mi salveranno dalle belve (l’ignoranza e i brutti voti) e così tornerò a sentirmi come fioretti dal notturno gelo chinati e chiusi, poi che il sol li imbianca, si drizzan tutti aperti in loro stelo.

Oh pietosi coloro che mi soccorrono e fan sì che io entri nel cammino arduo e selvaggio invitandomi a non ascoltare quelle soavi voci che mi sussurrano di scappare e di ritornare tra gli angeli che non furon ribelli.

Non ti curar di loro, mi dico, guarda e passa. E dopo che mi metto a guardare oltre, vedo molte anime in attesa sulla stessa riva…e come in autunno, una dopo l’altra si staccano le foglie, finchè il ramo vede tutto il suo rivestimento a terra, così gli alunni entrano nelle barche (aule) ad uno ad uno, secondo i gesti di Caronte, come un uccello al suo richiamo.

Poi tutto tace.

E quando finalmente Caronte, mosso a pietade, suona la campanella infernale, ritorno al mondo e non curandomi di fare alcuna sosta, tiro dritto finchè non arrivo…a riveder il sole.

Dante, amico mio, ciò che mi muove ogni mattina non è la consapevolezza di avere un animo intorpidito dal peccato, né la speranza dell’eterna beatitudine, né la convinzione che mi andrà tutto bene perché il mondo è stato creato in primavera, né la felicità terrena a cui Dio ha diretto l’umanità, ma è semplicemente, e perdonami il salto in avanti di qualche secolo, una voce perentoria, che tu non conosci, quella del “duce”, mia madre, che mi apostrofa: PAOLO SVEGLIATI…..DEVI ANDARE A SCUOLA. E non è nemmeno un brutto sogno...

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