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Francesco Buonaventura

Ci rivedremo, amico mio, ci rivedremo!

L’11 febbraio 2017 è terminata l’avventura terrena dell’avv.to Francesco Buonaventura.
Nessuno sa cos’è la vita. Nessuno sa cos’è la morte. Nessuno sa se in quel momento è definitivamente terminato il viaggio della persona e nessuno sa se invece ne ha appena iniziato un altro. Nessuno sa se in questo momento Franco avverte la mancanza della moglie, delle figlie, della sorella, degli amici, dei colleghi avvocati e dei tanti che quotidianamente gli manifestavano stima  per la sua attività professionale,  politica o, semplicemente, per la persona che era. Nessuno sa se ha nostalgia dei luoghi che  l’hanno visto protagonista, delle aule di Tribunale, delle stanze ove ha amministrato la città, della sede del partito, del suo studio. Nessuno sa se ha rimpianto della vita che ha lasciato, della sua vita.

Per noi che siamo rimasti Franco è irrimediabilmente andato via! Constatiamo giorno dopo giorno che non potremo più vederlo, non potremo più telefonarci (a’ Fra’ ch’è stat’?), non riusciremo più a parlarci, a ragionare interminabilmente di insolubili questioni di diritto, o a sentirlo arrabbiato per la scorretta stupidità di taluni colleghi, o incredulo della manifestata ignoranza di taluni Giudici che osavano dargli torto, in tal modo, costringendolo a ricorrere alle Magistrature Superiori per vedersi riconosciute le ragioni che fermamente sosteneva. Non potremo più ferocemente litigare di politica, oppure, come negli ultimi tempi, condividere l’attonita e incredula  osservazione della pochezza degli attuali amministratori e del degrado politico, sociale ed amministrativo in cui era caduto il paese. Noi che siamo restati sappiamo che sentiamo la sua mancanza di amico, di insostituibile commensale, di valente collega di studio. Abbiamo coscienza che l’11 febbraio 2017 è scomparso un gigante in un popolo di nani.  

Caro Franco, sei vissuto e sei andato via con la dignità che può accompagnare soltanto chi si è avvicinato alla comprensione dell’insulsa illusione della vita e dell’oscuro mistero della morte. Avremmo voluto aiutarti a guarire e invece ti abbiamo accompagnato mentre attraversavi per l’ultima volta le strade della tua città, avvolto dal drappo rosso del vecchio PCI e dalla  tua toga di avvocato, sintesi delle tue passioni diventate strumenti quotidiani di tutela  del più debole dall’arroganza del potente di turno. La vita con te non è mai stata madre benevola e più e più volte si era impegnata a mostrarti il suo volto più arcigno. Ma non ti sei mai fatto scuotere più di tanto e sei stato capace di affrontare quanto ti cadeva addosso con la forza e il coraggio e la volontà di uscirne sempre vincitore. Hai sempre rivendicato il possesso di un intelletto e il diritto a utilizzarlo autonomamente, baluardo contro il comodo conformismo dilagante, strenuo difensore del libero pensiero.  Sei  stato comunista del P.C.I. quando non era facile esserlo, da studente tra i tuoi coetanei studenti contigui al Movimento Studentesco degli anni ’70, a Lotta Continua, a Potere Operaio che quasi ti tacciavano di uomo di destra; da eterno consigliere di minoranza in Consiglio Comunale, e poi da Sindaco e Vice Sindaco nei momenti più complicati per il Paese. Ma sempre avendo  rigorosamente e coerentemente ben presente il rispetto del ruolo e la dignità della funzione e sempre conquistandoti la stima e la considerazione anche degli avversari. Così hai fatto per la professione di avvocato, onorando sempre l’ufficio di difensore col trasferire in sede giudiziaria la tutela di quei valori fondamentali  posti a garanzia del vivere civile e del rispetto del patto sociale e ricevendone  univoci apprezzamenti. 

Non riusciamo a dimenticare di come ci hai parlato della tua inaspettata e inopportuna malattia, del fiducioso ottimismo sull’esito delle cure da fare che esprimevi pur avendo negli occhi la silente coscienza del dubbio che forse c’era ben poco da sperare. Nelle ultime sere nonostante l’affaticamento che ti procurava il parlare, provavi a  tornare il Franco di un tempo,  che su certi argomenti lasciava all'interlocutore solo la facoltà di ascoltare. 

Poi non hai avuto più forze per vedere nessuno. 

E poi te ne sei andato una notte d’inverno.

Mi  sento  onorato di essere stato tuo amico e se dovesse esistere un aldilà spero di poterti rincontrare.

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