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Esercizio fisico per il cuore malato

Con esso le recidive arretrano del 25%

A differenza di quanto si creda, l’attività fisica non fa  male ad un cuore malandato.

Anzi, è una delle più valide terapie per la riabilitazione, una vera e propria medicina per le persone che hanno subito un infarto, un intervento di bypass coronarico o un impianto di stent.

Tanto che riduce del 25% circa il numero totale dei decessi, le morti su base cardiovascolare, il ripetersi di episodi di infarto e le riammissioni in ospedale.

Una percentuale significativa, considerando che nella U.E. le malattie coronariche sono il killer numero uno, causando circa 1,95 milioni di decessi l’anno.

Senza dimenticare l’elevato costo di queste patologie, 60 miliardi di euro l’anno.

Le linee guida dell’OMS raccomandano 30 minuti di attività fisica giornaliera, moderata o vigorosa ma, secondo gli esperti, solo un terzo di coloro che potrebbero beneficiare della riabilitazione cardiovascolare segue un programma specifico. La riabilitazione cardiaca basata sull’esercizio fisico è il cuore del Progetto Take Heart, sviluppato in accordo con il programma Erasmus + Sport, per aumentare la consapevolezza dell’importanza dell’attività fisica per il miglioramento della propria  salute.

L’iniziativa, sviluppata nel biennio 2015 e 2016 in Austria, Italia, Norvegia, Polonia e Ungheria, ha monitorato e valutato la situazione nei diversi Paesi per identificare e condividere le buone pratiche di riabilitazione cardiaca.

Sfatando i luoghi comuni che condannavano i cardiopatici a una vita piena di rinunce.

I risultati sono stati presentati a Roma nell’Aula magna dell’Istituto di medicina e scienza dello sport del Coni.

“Tutti siamo ormai consapevoli che l’attività sportiva svolge un ruolo significativo per aiutarci a mantenere un elevato livello di salute - afferma Alessandro Biffi, responsabile del Servizio di sport-terapia, prevenzione cardio-vascolare e promozione della salute Imss Coni - ma non è ancora altrettanto diffuso il concetto che per un malato di cuore l’esercizio fisico sia una vera e propria medicina e come tale vada prescritto, con le relative indicazioni, dosaggio, controindicazioni e precauzioni d’uso. Esattamente come un farmaco”, sottolinea. “La riabilitazione cardiovascolare - spiega l’esperto - è un intervento multidisciplinare con un approccio globale.

I pazienti lavorano a fianco di un team di professionisti sanitari, tra cui cardiologi, specialisti in medicina dello sport, psicologi, fisioterapisti, terapisti della riabilitazione, terapisti occupazionali, dietisti, che definiscono un programma a lungo termine, con valutazioni mediche e prescrizione dell’esercizio.

Ma anche educazione sanitaria e counselling, supporto psicologico e sociale”. 

“I dati della letteratura scientifica sono numerosi e permettono di affermare che la riabilitazione cardiovascolare è una pratica sicura - ricorda Massimo Santini, past-president Wsa (World Society of Arrhythmias) - Oggi però, purtroppo, solo un terzo di coloro che potrebbero beneficiare della riabilitazione cardiovascolare segue uno specifico programma basato sull’esercizio fisico. 

Mentre la platea degli interessati è in crescita, sia a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento di obesità e diabete sia perché sempre più persone sopravvivono agli eventi coronarici acuti grazie proprio ai progressi nell’approccio terapeutico farmacologico e strumentale. 

Il primo passo, dunque - raccomanda - è cambiare mentalità.

Devono farlo in primis i pazienti e i loro familiari, ma anche gli stessi medici, in modo che questo processo di riabilitazione cardiovascolare avvenga con efficacia e sicurezza, fornendo anche supporto psicologico al paziente”. 

(fonte: AdnKronos Salute)

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