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Etica sociale

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Il mese scorso, all’interno dell’Università degli Studi di Salerno, si è consumata una terribile tragedia: presso la biblioteca scientifica del campus, un giovane studente si è tolto la vita lanciandosi dal terzo piano dell’edificio. Un volo infinitesimale, ma che ha riecheggiato all’infinito nel silenzio della struttura. Un silenzio che doveva trovare la sua matrice nello studio e nel rispetto reciproco piuttosto che nella morte, nel dolore e nel rispetto di una giovane vita spezzata. Eppure c’è chi la parola rispetto sembra non  masticarla affatto, dimostrando di non conoscerne neanche il suo più elementare significato. È accaduto, infatti, che pochissimi istanti dopo la tragedia - mentre molti, sconvolti, ancora dovevano realizzare ciò di cui erano stati sfortunati spettatori - immagini del corpo spezzato e immobile nel suo ultimo fatale atto, siano arrivate sui social networks e sulle piattaforme di messaggistica istantanea, macchiando di macabro pagine digitali e conversazioni private. Le stesse fotografie, poi, sono state persino inserite da millantati giornalisti in articoli di riviste locali e provinciali. Al di là del diritto di cronaca, di cui troppo spesso si riempiono la bocca quelli che prima si definiscono operatori dell’informazione e poi si rivelano untori della mala informazione, ciò che più lascia esterrefatti è ben altro. Il sadismo di ragazzi, forse addirittura coetanei della vittima, i quali nel mezzo di uno straziante caos fisico ed emotivo non fanno altro che tirar fuori dalla tasca i loro enormi smartphone dalle fotocamere potentissime invece di un fazzoletto per asciugare qualche lacrima. Viene da chiedersi il perché, se l’essere umano sia preda di una mostruosa trasformazione o, diversamente, abbia nel profondo una natura perversa ed egoista. Giovani freddi, persino stolidi nel non saper distinguere modi e situazioni, egoisti, appunto, nel mirare esclusivamente al nutrimento smodato del proprio ego per il tramite di un’approvazione mediatica fatta di popolarità e visibilità misurate in numero di mi piace. E non è mancato neanche chi ha richiesto foto migliori, magari zoomate, che permettessero al voyerista informatico di turno di poter raggiungere l’amplesso virtuale e appagare il proprio desiderio di protagonismo. Non importa che le foto siano state successivamente rimosse in una sorta di slancio di lucidità, perché si sa che quando qualcosa cade nella rete, nel web appunto, la sua velocità di diffusione è enorme: così anche la foto di Gianluca Cavalieri si è riversata nel mare di internet come petrolio, macchiando lo spirito già misero di chi l’ha scattata e poi inviata e macchiando la vista di amici e parenti che dalle immagini hanno riconosciuto una persona cara spezzata. Le foto, infatti, sono state diffuse prima ancora che la famiglia venisse a conoscenza dell’accaduto, prima ancora, in realtà, che la morte del ragazzo venisse definitivamente accertata, quando Gianluca, forse, era ancora agonizzante. Tuttora chi scrive rabbrividisce al pensiero di quanto successo e dal profondo emerge la speranza che la sensazione di disagio e di imbarazzo venga condivisa da molti lettori, perché se così fosse probabilmente vorrebbe dire che l’umanità può ancora scampare allo sterminio etico e morale. Nel gergo giovanile si usa dire “ha perso i sensi” quando qualcuno perde la bussola, si comporta in modo fuori dal comune o ha strane idee. Ma sarebbe più opportuno dire che di senso se ne è perso uno e uno solo: quello civico, la cui accezione di rispetto delle istituzioni, dello stato o delle leggi allo scopo di cooperare per una società positivizzata e vivibile finisce un attimo in secondo piano, dovendo lasciare spazio, con urgenza, alla sua accezione assiologica di condivisone e assorbimento di valori che sono alla base di una società civile. Solidarietà, rispetto, giustizia sono stati scavalcati dal culto dell’esibizionismo, dalla diffusione della sindrome compulsiva di ottenere gratificazione ad ogni costo. Tutto ciò fa paura soprattutto quando si rispecchia nei giovani. Lascia senza fiato, semina disperazione, disegna un domani di miseria spirituale a governare comunità di automi senza etica e senza emozioni. La morte di Gianluca ha fatto fermare per un attimo il cuore di chi gli voleva bene e di chi lo ha compatito. La meschinità di chi ha violato la sua dignità ha tolto la vita all’idea di una società civile.

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