Contattateci se interessati a questo spazio.

Con il Vesuvio sotto i piedi - Cap. X - Seconda parte

Le avventure di una archeologa vissuta negli scavi di Pompei

Nocera: La tomba del calzolaio  

Il tempo della mia permanenza a Pompei stava ormai esaurendosi, come la fiamma di una candela. 

Era il 1997.

Sapevo già di dover andare via. Intensificai la mia attività sul territorio e contemporaneamente cominciai ad imballare i libri e gli altri oggetti di casa che andava svuotandosi lentamente.  Continuai lo scavo della necropoli di Pizzone. La presenza delle monumentali tombe dei padroni romani di Nuceria aveva agevolato  la  colonizzazione  di centinaia di umili tombe terragne che documentavano la fase successiva all’eruzione del 79 d.C.  

In quest'ultimo periodo offrì la sua collaborazione una giovanissima  archeologa  di  Napoli, Enza Broccoli.

Bionda, con occhi azzurri, dallo sguardo dolce e deciso, nascondeva una profonda ansia di realizzare il più in fretta possibile gli obiettivi che si era posti. Si presentò il giorno in cui rinvenimmo in un sarcofago di tufo una collana di oro e zaffiri.  Il suo primo compito fu infatti quello di setacciare i grani d'oro e gli zaffiri di piccolissime dimensioni dal terreno presente nel sepolcro. Per una archeologa cominciare il proprio lavoro maneggiando l'oro è certamente gratificante. Pensai che le avrebbe portato fortuna.  Quando la strada della necropoli, per effetto dell'eruzione, si interrò, si venne a subito dopo il 79 d.C. un'altra strada, anch'essa di battuto, lungo la quale furono posizionati i monumenti funerari post-eruzione.  Ne rinvenimmo uno, di proprietà di un calzolaio.  Di forma quasi cubica, ad una sola cella rettangolare con volta a botte, crollata, il sepolcro appariva utilizzato fin a quando l'eruzione del 472 d.C. e le successive alluvioni sigillarono definitivamente, con questo, tutta l'area sepolcrale.  Il sepolcro già nella tarda antichità era stato oggetto di interventi di scavo volti al recupero di materiali per la realizzazione di tombe a cassa, nell'area esterna adiacente al monumento; anzi la stessa camera funeraria fu interessata da successive deposizioni durante l'ultima fase di utilizzazione dell'edificio.  Ciò che restava era solo una pallida immagine di ciò che doveva essere la costruzione originaria. L'ingresso, molto ampio, era delimitato da due colonne rivestite di stucco colorato di rosso, sormontate da un imponente arco che consentiva la visione dell'interno. La camera funeraria era riccamente decorata con stucchi. Colonnine tortili riquadravano lo spazio delle pareti in pannelli. In quello centrale comparivano due personaggi: un uomo e una donna; quest'ultima era raffigurata di profilo, in atto di porgere all'uomo un fiore; il braccio proteso nell'offerta era ornato da un'armilla.  Gli altri pannelli contenevano motivi decorativi, come corone funerarie e interessanti raffigurazioni di città con mura merlate. I personaggi del riquadro centrale apparivano inseriti in una sorta di paesaggio ideale fatto di prati e fiori. In tale contesto anche la città alludeva ad un luogo ultraterreno.  Al centro della stanza funeraria erano le sepolture del proprietario e della moglie. La prima, più grande, era a baule in muratura, rivestita di intonaco e recava una interessante raffigurazione pittorica: ai lati festoni floreali ed in mezzo la rappresentazione di un calzolaio (sutor) al lavoro nella sua bottega (taberna sutrina). La scena, poco leggibile nella parte superiore, mostra un calzolaio seduto, intento a lavorare le tomaie, davanti al suo banchetto recante varie forme di calzature; accanto a lui, in basso, si trova una sorta di bacile. Al centro della composizione c'è un mobile raffigurato di tre quarti. Su due diversi registri sono appoggiate tre paia di calzature chiuse con stringhe. Alla destra del mobile è forse raffigurato, di nuovo, il calzolaio mentre svolge un'altra fase del suo mestiere, forse l'inceratura delle stringhe.  Tale scenografica rappresentazione, molto simile all'immagine di una bottega attuale, costituisce l'unico documento pittorico del genere conservata dal mondo antico. La seconda sepoltura, simile alla precedente, ma di dimensioni più ridotte, era probabilmente quella della moglie.  Non è stata ritrovata l'iscrizione dedicatoria posta di solito all'esterno della tomba:ci avrebbe indicato con certezza il nome della famiglia (gens). Probabilmente la tomba era stata di proprietà della gens Masuria, come indurrebbero a ritenere alcune iscrizioni, rinvenute all'interno, di epoca di poco posteriore.  In una fase successiva (del II secolo), lungo le pareti, furono realizzati tre podi, destinati ad ospitare quattro sarcofagi. Di questi, uno solo era completamente sigillato e recava un'iscrizione marmorea con dedica ad un personaggio femminile, Igea Aviana, da parte di una coppia: Atilius Artemas figlio e Masuria, moglie del figlio.  Il confronto più interessante per la raffigurazione del sutor di Nocera è con il sarcofago di T. Flavius Trophimus proveniente da Ostia, ora al Museo Nazionale Romano, di epoca traianea. Su di esso appare un'analoga postura del calzolaio intento al lavoro, con sullo sfondo un armadio a due ante, alla cui sommità fan mostra di sé due  paia  di  calzature.  L'iscrizione  centrale  è  di  una  coppia  L.  Atilius Artemas  e Claudia Apphias al loro amico fidato T. Flavius Trophimus il cui corpo viene accolto nel loro monumento funerario.  Atilius Artemas compare sia ad Ostia che a Nuceria in due edifici funerari legati inequivocabilmente all'attività di sutores. Ad escludere che si tratti dello stesso personaggio è il nome della moglie, diverso nei due monumenti (Apphias quello indicato ad Ostia, Masuria quello indicato a Nuceria). Nel caso di Nocera il personaggio dedica con la moglie un'iscrizione alla madre, una donna della gens Aviana, sepolta nell'edificio funerario di proprietà di un calzolaio.  È possibile che le due persone, dello stesso nome, siano legate da vincoli di parentela o che, pertanto, un L. Atilius Artemas, calzolaio di Ostia, abbia sposato la figlia di un calzolaio della gens Masuria vivente a Nuceria.  Ci auguriamo che in futuro altri elementi vengano alla luce dalla necropoli di Pizzone che possano chiarirci maggiormente questo rapporto.

Contattateci se interessati a questo spazio.