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Sono Oplontina e me ne vanto!

L'orgoglio di una donna

L’umanità ha il dovere di conservare quelle cose a cui l’incuria dell’uomo quotidianamente non pensa; reperti archeologici, fotografie ed estratti di condizioni sociali permettono di ricostruire la storia dei territori, ma l’uomo stesso non è in grado di riconoscere quale oggetto, quale frase o quale momento fa o ha fatto storia. Dovere civico è quindi cercare di riconoscere cosa c’è da conservare e tutelare per poter essere efficientemente tramandato.
Noi di Torre Annunziata abbiamo una dignitosissima storia che è tutta da tramandare!
Fu Oplontis, divenne Gioacchinopoli e oggi si chiama appunto Torre Annunziata, quell’area ove menti ingegnose e fisici atletici ci hanno tramandato, e continuano a coltivarla, la nostra storia!
E allora tirando le somme, facendo susseguire gli eventi e i reperti come in un’addizione, cosa abbiamo avuto e cosa c’è rimasto a noi Oplontini divenuti Torresi?
La vecchia Storia ci ha tramandato la Villa di Poppea e gli Ori di Oplonti, entrambi studiatissimi e apprezzati in tutto il mondo, che neanche l’eruzione distruttrice del Vesuvio è riuscita a portarci via: vi faccio notare che quotidianamente noi Torresi calpestiamo, in alcuni tratti, lo stesso manto stradale su cui hanno camminato gli antichi romani, mantenuto straordinariamente ancora intatto.
Guglielmo da Nocera, Matteo Avitabile, Puccio Franconi da Napoli e Andrea Petrucci da Scafati, il 19 Settembre del 1319, ebbero in concessione da Carlo d’Angiò, Duca di Calabria, quattro moggia di terreno per costruire la Cappella della Vergine dell’Annunziata ed un ospizio, “nel luogo detto Calcarola, …”.
I nostri pionieri erano quattro abitanti del ‘Casale della Torre’ a difesa del quale gli Orsini fecero costruire proprio una torre.
Mentre il mondo si risvegliava e tentava di rinascere, dopo l’Epoca di Mezzo che si diceva aver oscurato le menti umane, nel 1440, Alfonso I d’Aragona fece costruire, proprio da noi, un castello.
Più vecchia di cinquecento anni è anche la torretta di vedetta che venne chiamata Torretta de Siena e ne mantiene ancora oggi il nome, contemporanea ad essa, costruita quindi alla fine del 1500, e anche la Villa Monte Parnaso.
Torre è ricca di palazzi e ville che tracciano la storia di un territorio, più che di una città; ma quante persone, in particolare torresi, non conoscono queste ricchezze o peggio non ne riconoscono il valore storico, culturale e sociale? Ad esempio, insiste sui nostri terreni il Palazzo Monteleone, voluto e fatto erigere da Alfonso Piccolomini d’Aragona.
Cosa non dire delle ville? Come non citare quelle nell’area del Bosco del Monaco, che fu donata dai Piccolomini ai monaci, a via Langella insiste la Villa Lebano e ne seguono altre bellissime. Esempio di straordinaria bellezza, soprattutto dal punto di vista geopanoramico, è la Villa Filangieri, omonima della notissima famiglia torrese.
Degne di nota sono anche i complessi religiosi come il Convento dei Padri celestini degli inizi del 1400, il monastero dei Padri francescani, la Chiesa di San Gennaro, la Cappella del Principio sorta prima dell’eruzione del Vesuvio del 1631, la Chiesa di San Giuseppe e Santa Teresa costruita nel 1639 dai principi Piccolomini e la Parrocchia dello Spirito Santo, luoghi cari e sacri per noi cittadini!
Riallacciandoci alla nostra storia, continuiamo dicendo che nel 1592 Muzio Tuttavilla, proprietario del feudo della Torre della Annunciata, creò il canale del Sarno per alimentare tre mulini costruiti proprio a Torre. Quasi Sessant’anni dopo si aprì la Fabbrica della polvere da cannone, era il 1654. Un secolo dopo, nel 1758, nasce a Torre la Nuova Fabbrica d’Armi grazie al re Carlo di Borbone.
Centro termale dal 1834, le Terme vesuviane le abbiamo a grazie al Generale Vito Nunziante, al quale probabilmente attribuiamo anche il nome della rampa che collega la litoranea alla zona “giardinetti”, cosiddetta Rampa Nunziante, il quale riprese una terma di epoca romana, forse di M Crasso Frugi, e la riadattò a centro termale.
Con nostalgia i più anziani ricordano quando il Lido Azzurro, negli anni Trenta, era uno dei lidi e dei luoghi di ritrovo più famosi d’Europa, dal quale ancora si può mirare il nostro unico “Pino di Capo Oncino”.
Precise come lo scoccar dell’ora arrivano anche le dolenti note, poche comunque rispetto a quelle piacenti, dove sono andate a finire, o meglio in che condizioni sono, alcune delle nostre ‘cose’ degne di esser tramandate ormai degradate o scomparse? Non riuscirò a nominarne troppe ma tante quanto basta a farci riflettere che è dovere oplontino almeno conoscere ciò che ci hanno negato.
Allora non si può non citare il Forte di Dedon costruito alla metà del 1700 ‘giù alla Salera’.
Che fine ha fatto la fontana di Piazza dei Comizi, oggi conosciuta come Piazza Ernesto Cesaro detta Piazza Santa Teresa (da noi torresi)?
A proposito è bene precisare che il sarcofago del monumento di Nicola d’Alagno, che visse nel castello succitato voluto da Alfonso I d’Aragona, era conservato nella chiesa dell’Annunziata ma l’abbiamo perso nel 1741. E Casa Littoria? A vista di tutti splendono tra le macerie teatri e luoghi di ritrovo un tempo frequentatissimi (non posso citarli per non colpire il cuore dei miei concittadini).
Le bellissime Terme Montella furono demolite a favore del mulino Pagano-Cirillo, anche a questo non seguono parole.
Esempio di scempio è lo scoglio di Rovigliano, che vanta una bellissima storia ma a vederlo lì, trascurato e romanticamente inserito nel contesto panoramico, sembra proprio, invece, non avere trascorsi ed esser stato solamente spettatore delle attività costiera!
L’arte della pasta è stata declamata a gran voce, anche Totò prediligeva la pasta di Torre Annunziata, ma: solo una voce è rimasta dell’arte della pasta!
Le storie legate al porto e ai suoi pescatori potrebbero essere raccolte e formare un’opera unica di inaudita realizzazione, sarebbero bellissime inserite in un corpus tutto da tramandare!
Torre Annunziata risulta essere il più grande nuovo polo nautico della Regione, la città costierovesuviana si ripresenta ad oggi un po’ come negli anni Trenta: i lidi si trasformano da stabilimenti balneari diurni a discoteche notturne, le attività commerciali pullulano in un andamento frenetico addirittura, negli ultimi anni, abbiamo visto aprire lungo il “Corso” le maggiori marche di intimo e abbigliamento in franchising alle quali sono seguite, inaspettatissime per la popolazione, le aperture di Leroy Marlin, del McDonald e del Centro Commerciale Oplonti.
Scusate se è poco, ancora, ma noi di Torre Annunziata ad oggi godiamo di tre uscite autostradali, due stazioni della Ferrovia dello Stato, la fermata della Circumvesuviana nevralgica atta anche allo smistamento dell’intera rete dell’Ente, come già detto un porto ampio e attivo da sempre, un adeguato servizio di autobus e in cima a tutti la rete creata dai “pulmini”, il mezzo più usato dai Torresi, sono dei semplici automezzi a sette posti utilizzati come taxi comunitari e con un euro ti portano ovunque (50 centesimi per gli studenti!).
Passeggiare per la nostra città ormai rende chiara una situazione e cioè che, costantemente illuminata dalla luce della Madonne della Neve, a Torre c’è tutto, e come non potrei non utilizzare le stesse parole dei miei compaesani affermando, senza alcun rimpianto, che: “Sono Oplontina e me ne vanto!”

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